Si dice che "non tutti i mali vengon per nuocere" e
personalmente ho avuto modo di provare più volte questa regola
quantomeno paradossale. Ho pensato che forse , per riuscire a vedere la
luce anche quando è buio pesto, talvolta è conveniente (ed anche
produttivo) andare un pò oltre la prima impressione, cercando di fare il
giro e prendere da dietro le conseguenze palesemente negative di un
fatto che ci reca danno. Provarci non costa nulla , riuscirci dà respiro
e totalità alle nostre idee, con una buona dose di ottimismo in regalo.
Per esempio, se si pensa a "che cos'è" l'articolo 18, le modifiche apportate e le possibili conseguenze, l'associazione è immediata e la risposta media preconfezionata è la seguente: un qualcosa contro i diritti del lavoratore. In effetti è una definizione che può corrispondere alla realtà. Ma andiamo un pò più a fondo, spostiamo il nostro punto d'osservazione.
Come cambierà l'articolo 18? da domani permetterà alle aziende di "licenziare i propri dipendenti per una giusta causa o un giustificato motivo", senza possibilità di reintegro. E questo contenuto/base è il senso più esplicito e diretto che arriva alle nostre orecchie, in realtà quello che fa più "paura". Poi esistono anche altri elementi che dettagliano ed arricchiscono il "condimento" della legge, ci sono vincoli temporali e condizioni particolari in base a casi specifici. Sono un lavoratore e quindi in prima persona potenziale "vittima" di questa legge; mi piace però farmi alcune domande. Per esempio: in un contesto di profonda crisi economica , un'azienda può permettersi di assumere qualcuno e tenerselo per forza a tempo indeterminato? Non lo so. Forse la possibilità di misurare l'efficienza dei propri dipendenti è qualcosa che può favorire le assunzioni? E forse l'azienda (con incentivi ad assumere a tempo indeterminato pronti ad essere introdotti) non avrebbe alcun interesse a licenziare se non per "giusta causa o giustificato motivo". Anche se queso virgolettato fa tremare anche le mie gambe, forse c'è la possibilità che in questo modo il mercato del lavoro (oggi pressochè morto) riprenda vita. Ripeto: forse...
Per esempio, se si pensa a "che cos'è" l'articolo 18, le modifiche apportate e le possibili conseguenze, l'associazione è immediata e la risposta media preconfezionata è la seguente: un qualcosa contro i diritti del lavoratore. In effetti è una definizione che può corrispondere alla realtà. Ma andiamo un pò più a fondo, spostiamo il nostro punto d'osservazione.
Come cambierà l'articolo 18? da domani permetterà alle aziende di "licenziare i propri dipendenti per una giusta causa o un giustificato motivo", senza possibilità di reintegro. E questo contenuto/base è il senso più esplicito e diretto che arriva alle nostre orecchie, in realtà quello che fa più "paura". Poi esistono anche altri elementi che dettagliano ed arricchiscono il "condimento" della legge, ci sono vincoli temporali e condizioni particolari in base a casi specifici. Sono un lavoratore e quindi in prima persona potenziale "vittima" di questa legge; mi piace però farmi alcune domande. Per esempio: in un contesto di profonda crisi economica , un'azienda può permettersi di assumere qualcuno e tenerselo per forza a tempo indeterminato? Non lo so. Forse la possibilità di misurare l'efficienza dei propri dipendenti è qualcosa che può favorire le assunzioni? E forse l'azienda (con incentivi ad assumere a tempo indeterminato pronti ad essere introdotti) non avrebbe alcun interesse a licenziare se non per "giusta causa o giustificato motivo". Anche se queso virgolettato fa tremare anche le mie gambe, forse c'è la possibilità che in questo modo il mercato del lavoro (oggi pressochè morto) riprenda vita. Ripeto: forse...
Oggi,in Italia, esiste un numero sconsiderato di vecchi
"dipendenti a tempo indeterminato" che sembrano quasi pachidermi mossi
più da inerzia che da volontà e voglia di lavorare. Ci sono fortunati
reduci dei vecchi "contratti di ferro" che si "gongolano" sui loro
diritti, che timbrano il cartellino, fanno la presenza e danno un
contributo effettivo pari al peso della loro dignità. E questo siamo
noi. O meglio, siamo "anche" questo. E non sarebbe il caso di mandare a
casa questi elementi applicando un bell'articolo 18 retroattivo? Forse
si, o forse no, non voglio rispondere, lasciando ad ognuno la propria
riflessione. Cosa significa "diritto"? è una parola che non dovrebbe
essere altro che la perfetta fusione tra possibilità (ricevuta) e
coscienza personale (da mettere a
disposizione). Ho la particolare impressione che si combatta "contro
qualcuno" effettivamente solo per quello che ci deve esser dato, magari
perchè siamo belli e perchè ce lo meritiamo (a detta di molti). Ma sarà
proprio così? Ci siamo mai messi davanti allo specchio? Perchè non
manifestiamo mai contro noi stessi? Siamo noi che ci lamentiamo , ma
siamo anche noi che facciamo fatica a guardarci in faccia. L'Italia
della mafia, spaghetti e mandolino, siamo sempre noi. Non è
qualcun'altro. La forza d'animo che fa la storia, parte dalla dignità
che fa la persona. Sogno utopicamente un movimento di pensiero che
rifletta a 360°, partendo dai fatti che NOI facciamo, dai valori che NOI
abbiamo e che mai nessuno potrà mai calpestare. Dalla credibilità che
dà la forza per schierarsi contro qualcosa o qualcuno. Dalla qualità dei
sentimenti nobili messi a disposizione del collettivo. Non vorrei mai
vedere tra trent'anni, qualcuno dei "ribelli" di oggi felice e fiero di
aver combattuto ed aver vinto per esser riuscito ad ottenere il
"diritto" di essere pagato per scaldare qualche sedia col suo culo
appesantito. Sarebbe la nostra più grande sconfitta , sarebbe la
prosecuzione della messa funebre della dignità e dei valori del nostro
Paese.